
Biodiversità delle foreste: diversificare la gestione includendo il non intervento ne promuove la conservazione
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A oggi solo il 2% delle foreste europee viene lasciata alla dinamica naturale, senza interventi antropici. Parte delle superfici forestali è sottoposta a una gestione intensiva per far fronte alla crescente domanda di legname con importanti conseguenze sulla biodiversità forestale. Esiste anche una gestione estensiva delle foreste che prevede, oltre alla produzione di legname, funzioni di conservazione della biodiversità e di servizi ecosistemici, quali lo stoccaggio di carbonio per la mitigazione del cambiamento climatico.
Questi tre diversi approcci gestionali sono presenti in proporzioni diverse nei vari stati europei ma non si conosce l’esito di tale ripartizione in termini di conservazione della biodiversità. Un team di ricerca internazionale guidato da Sapienza, dall’università tedesca di Gottinga e da quella finlandese di Jyväskylä ha usato un ampio database europeo con informazioni puntuali su diversi gruppi tassonomici, tra cui uccelli, coleotteri, piante, licheni e funghi, per capire quale potrebbe essere la combinazione ottimale dei vari approcci gestionali per la conservazione della biodiversità nelle faggete europee.
A partire dai dati raccolti i ricercatori hanno sviluppato "paesaggi forestali virtuali" ripartiti tra le tre categorie di gestione, modellizzando gli effetti sulla diversità dei diversi gruppi tassonomici.
Questo metodo ha permesso di creare paesaggi in cui variano le proporzioni tra foreste estensive, intensive e non gestite, e di esplorarne gli effetti per la biodiversità.
I dati originali, raccolti da nove siti in Francia, Germania, Italia e Repubblica Ceca, sono stati classificati secondo le categorie di gestione forestale: intensiva (con taglio raso, ovvero di tutti o quasi tutti gli alberi di un'area), non intervento (nessun taglio negli ultimi decenni) e foreste gestite in modo estensivo (con tagli parziali e dominate da specie arboree autoctone).
I ricercatori hanno stabilito che la diversità multi-tassonomica era più elevata nei paesaggi composti per il 60% da foreste senza intervento e per il 40% da foreste gestite in modo intensivo, mentre le foreste gestite in modo estensivo contribuivano poco a sostenere la diversità di specie.
Per questo motivo, gli autori suggeriscono di concentrarsi non solo sull’ampliamento della percentuale di foreste non gestite, ma anche sul miglioramento delle prestazioni ecologiche della gestione estensiva, rendendone la struttura il più simile possibile a quella delle foreste dove non si interviene, per esempio creando un mosaico di aree forestali a diverso grado di copertura arborea e mantenendo grandi alberi secolari e legno morto.
“Le foreste a dinamica naturale restano un importante riferimento da cui imparare come gestire le foreste da cui preleviamo legname in modo sostenibile, ossia garantendone le funzioni ambientali” sottolinea Sabina Burrascano della Sapienza Università di Roma.
Lo studio è stato finanziato dal Programma Quadro dell'UE Horizon 2020 tramite COST, la Fondazione Tedesca per la Ricerca (DFG) e la Fondazione Kone (Finlandia).
Riferimenti: Duflot et al “Sustainable forest planning: assessing biodiversity effects of Triad zoning based on empirical data and virtual landscapes,” (PNAS) (2025). DoI: https://doi.org/10.1073/pnas.2512683122
