
Parole astratte e interazione sociale: quando parlare con gli altri e con l’AI cambia la nostra cognizione
Circa il 70% delle parole che usiamo sono astratte cioè non fanno riferimento a oggetti, persone, luoghi concreti, ma piuttosto a concetti generali, idee, sentimenti. È dunque cruciale capire come i concetti astratti si acquisiscono e come e perché li usiamo, anche, ad esempio, per facilitare l’apprendimento dei bambini dei concetti astratti relativi alla matematica e ad altri ambiti scientifici o anche dei concetti che rimandano a emozioni.
Una ricerca della Sapienza, attraverso un approccio interdisciplinare che integra scienze cognitive, neuroscienze cognitive e sociali, linguistica e filosofia del linguaggio, indaga come vengono acquisiti e utilizzati i concetti astratti e quale sia il ruolo dell’interazione sociale in questi processi di apprendimento. I risultati dello studio, condotto insieme all’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, sono pubblicati sulla rivista “Nature Reviews Psychology”.
Il team di ricerca, basandosi su evidenze sperimentali raccolte in laboratorio e già precedentemente pubblicate, propone diversi elementi di novità e di interesse: prima fra tutti, l’importanza di un linguaggio interno (inner speech) e della interazione con gli altri per elaborare e comprendere concetti astratti.
“Ciò che emerge dai dati ottenuti in laboratorio – spiega Anna Borghi, docente di Psicologia presso Sapienza e co-autrice dello studio – è che, per imparare e usare i concetti astratti, è essenziale sia parlare con noi stessi sia interagire con gli altri, non solo facendoci spiegare il significato di questi concetti, ma anche negoziando con loro il significato e delegando loro le nostre conoscenze”.
I ricercatori ipotizzano che i concetti astratti si siano evoluti proprio per favorire l’interazione sociale. Data la loro complessità, le persone hanno dovuto trovare un terreno comune per poterne discutere.
Oltre a ciò, il lavoro propone una differenziazione tra i concetti astratti, distinguendoli tra concetti astratti vaghi e determinati: mentre i primi, come ad esempio il termine “fantasia”, non richiedono una conoscenza e una precisione estrema, poiché ormai integrati nel nostro linguaggio, i secondi hanno un significato ben definito e tecnico, e sono solitamente utilizzati da esperti.
“Durante il Covid-19, per esempio, abbiamo sentito molte persone usare concetti come quello di “crescita esponenziale” – specifica Claudia Mazzuca, assegnista di ricerca della Sapienza e co-autrice dello studio – In realtà, pur non sapendo bene di che si trattasse, facevamo affidamento su quanto dicevano gli esperti, generando una sorta di gioco linguistico per cui non tutti devono necessariamente conoscere ogni concetto in modo approfondito per poterlo utilizzare”.
Infine lo studio analizza un fenomeno che si sta diffondendo nelle società contemporanee per effetto della crescente specializzazione: ossia il ricorso a esperti per conoscere il significato di concetti complessi come quelli astratti. Ultimamente, e sempre di più, gli esperti non sono solo altre persone, ma anche agenti artificiali come i Large Language Models. alla base dei chatbot sempre più utilizzati. Dunque l’interesse del team di ricerca si focalizza anche sul loro ruolo nella formazione dei concetti astratti.
Borghi, A.M., Mazzuca, C. & Tummolini, L. The role of social interaction in the formation and use of abstract concepts. Nat Rev Psychol (2025). https://doi.org/10.1038/
Info:
Anna M. Borghi
Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute
Claudia Mazzuca
Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute