Comitato Paritetico sul fenomeno del mobbing - Normativa

Preambolo monografico

La legislazione italiana vigente in tema di Mobbing è variopinta nel senso che non esiste una lex specialis all’uopo stilata per combattere tale fenomeno, ma esistono delle norme introdotte per contrastare taluni specifici comportamenti che sono utilizzate anche per il Mobbing. Così si può trarre una fonte legislativa per stigmatizzare il Mobbing dalla normativa relativa ai doveri del pubblico dipendente, oppure dallo Statuto dei Lavoratori ed in particolare quelle che sanzionano la discriminazione politica, religiosa, sessuale; oppure quella che punisce l’abuso di potere o che riconosce il principio del Neminem laedere (art. 2043 C.C.) o limita il Ius variandi del datore di lavoro (art. 2103 C.C.). Si tratta comunque di applicazioni teoretiche che la giurisprudenza sfrutta per fondare le proprie decisioni in contrasto al Mobbing. Da più parti si è levata, quindi, la protesta nei confronti del legislatore, affinché si adoperi per promulgare una legge specifica che definisca il Mobbing, le parti coinvolte nel fenomeno, le casistiche e soprattutto le modalità di contrasto, incluse le opportune sanzioni pecuniarie e, perché no, penali.

Principi costituzionali

Il giurista, così come il Giudice, fondano le proprie tesi difensive o le proprie argomentazioni logico-deduttive e giuridiche, fondamentalmente nella Costituzione Italiana che nell’ambito giuslavoristico non può che fondarsi sull’art. 32 che riconosce la salute come un diritto dell’individuo e della collettività. Anche l’art. 40 è utile per questo scopo: “L’iniziativa economica privata è libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Questi due articoli delineano il limite entro cui il datore di lavoro può liberamente muoversi senza offendere o travalicare il diritto del lavoratore.
Aldilà di questo limite, vi è violazione normativa e quindi possibilità per chi ne subisce le tristi conseguenze, di adire l’Autorità Giudiziaria affinché riporti l’azione del datore di lavoro entro detti limiti e corrisponda il giusto indennizzo.
Su questi due articoli di rango costrituzionale deve fondarsi tutta la legislazione che si vorrà emanare per combattere il fenomeno del Mobbing ricordando che al centro della questione deve sempre esserci la tutela della parte più debole, il lavoratore, ovviamente, contemperando tutti gli interessi in giuoco.

Principi giuslavoristici di diritto civile nazionale

 L’art. 2087 C.C., sulla tutela delle condizioni di lavoro, richiama l’imprenditore "...ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".
Come a dire che il legislatore, già all’inizio degli anni 40, riconosceva la complessità dell’uomo, fatto di struttura organica (integrità fisica), ma anche di emozione, pensiero, sentimento (personalità morale) che l’imprenditore è tenuto ugualmente a tutelare.
  Su queste fondamenta poggia l’intera normativa civilistica-lavoristica italiana che deve trovare i giusti spazi per disciplinare una materia tanto delicata dove diversi interessi si incontrano e si scontrano.
  L’art. 2109 C.C. recita: Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo”.
  Questo articolo sancisce il Ius variandi del datore di lavoro, cioè la possibilità di spostare o trasferire il lavoratore in determinati casi o di assegnarlo mansioni diverse da quelle per le quali è stato assunto. Nel link della giurisprudenza si potrà verificare in quali casi questo sia possibile e soprattutto quali tipo di mansioni possano essere assegnate senza violare i limiti imposti da questa norma.
  L’art. 2043 C.C. riguarda il principio del neminem laedere ovvero il risarcimento per fatto illecito: “Qualunque fatto doloso o colposo [1176], che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Sulla base di questo sommo principio, si basano molte pronunce in quanto, in assenza di una specifica normativa che si possa applicare al caso concreto di Mobbing, soccorre tale norma la quale, una volta acclarato che il danno subito è ingiusto perché contrario a norme imperative o ai principi generali dell’ordinamento giuridico, permette il risarcimento del danno subito (danno ovviamente da dimostrare o in re ipsa a seconda di quanto lamentato).
  Lo Statuto dei Lavoratori, Legge 20 maggio 1970 n. 300, provvede a sanzionare alcuni comportamenti tipici del Mobbing (ricordiamo che nel Mobbing non basta che il datore di lavoro realizzi uno o più comportamenti illeciti ma è indispensabile che vi sia il nesso causale tra questi, relativamente all’intentio nocendi e l’elemento temporale, almeno sei mesi in cui rilevi l’animus persecutionis). Sommariamente possiamo individuare nei seguenti articoli la tutela del lavoratore:
Art. 9 tutela della salute e dell’integrità fisica.
Art.13 al dipendente non possono essere date mansioni di livello professionale inferiore a quello d’inquadramento.
Art.15 atti discriminatori per motivi politici o religiosi.
Art.18 reintegrazione nel posto di lavoro in caso di ingiusto licenziamento.
  Il D.Lgs 626/94, riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, definisce che il datore di lavoro (art. 4 comma 5 lett. c), nell’affidare i compiti ai lavoratori, deve tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza.
  Certamente molto si deve ancora fare, però possiamo affermare con certezza che ancor prima che si teorizzasse il Mobbing, la nostra lungimirante legislazione ne aveva previsto alcuni fenomeni.

Principi giuslavoristici di diritto penale nazionale

Il Codice Penale prevede alcune sanzioni specifiche che possono essere applicate anche in caso di Mobbing. Tralasciando quelle previste dal D.Lgs. 626/94 che potranno disaminarsi nella sezione civile (che però non ineriscono precisamente al fenomeno di cui si parla), quelle che qui si intende rilevare riguardano l’omissione dolosa (art. 437 C.P.) e colposa (art. 451 C.P.) di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Il reato di lesioni personali, punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni "chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente" (art. 582) e punisce con l’arresto fino a sei mesi di reclusione "chiunque reca molestie o disturbo a qualcuno" (art. 660). Anche la violenza sessuale (609bis) è talvolta annoverata tra i comportamenti mobbizzanti, secondo l’intenti nocendi che perseguono i rei. Siccome il mobbing può causare malattie professionali e quindi costituire reato, può essere punito dall’art. 590 secondo il delitto di lesione personale colposa. Non vogliamo elencare tutti i possibili reati che potrebbero essere individuati in tema di Mobbing, si vuole sottolineare che, semplicemente, non esiste un reato specifico che punisce il Mobber per il solo fatto di aver realizzato una condotta Mobbizzante, ma si deve ricercare, volta per volta, il reato che specificamente punisce una determinata condotta; per cui una vera e propria tutela penale contro il Mobbing.

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