Schiuma spazio-temporale: prime informazioni

Pensare lo spazio-tempo come una schiuma. È quanto hanno fatto i fisici per conciliare due teorie rivoluzionarie della fisica moderna: la teoria generale della relatività che spiega la gravitazione su larga scala e la teoria quantistica che disciplina il comportamento degli elementi più piccoli della meccanica dell'universo, come le particelle microscopiche studiate al CERN di Ginevra.
Per decenni è stato impossibile esplorare sperimentalmente l’ipotesi di questo affascinante scenario perché gli effetti del fenomeno, essendo generati a scale di lunghezza estremamente piccole (dell’ordine di 10-35 metri), sono difficilissimi da rilevare.  

La ricerca condotta dal fisico della Sapienza Giovanni Amelino Camelia in collaborazione con gli astrofisici Vlasios Vasileiou (Universitè Montpellier), Jonathan Granot (University of Israel) e Tsvi Piran (University of Jerusalem), rappresenta finalmente un primo passo nella esplorazione sperimentale della schiuma spazio-temporale.
Il lavoro, pubblicato nell’ultimo numero della prestigiosa rivista Nature Physics, ha utilizzato i dati ottenuti dal telescopio spaziale Fermi, un telescopio finanziato principalmente dalla NASA a cui collaborano anche le agenzie spaziali di Italia, Francia, Giappone e Svezia.
Lo studio mostra che alcune osservazioni condotte dal telescopio Fermi forniscono indirettamente informazioni sulle proprietà di propagazione dei fotoni (particelle di luce) e quindi sulla possibilità che queste proprietà possano essere influenzate dalla schiuma spaziotemporale.

“Ci è stato possibile raggiungere livelli di precisione inattesi - spiega Amelino-Camelia – perché i tempi lunghissimi di propagazione dalle sorgenti astrofisiche osservate dal telescopio Fermi, tempi di miliardi di anni, di fatto amplificano gli effetti piccolissimi della schiuma spaziotemporale, portando a un effetto complessivo che è potenzialmente osservabile”.
Gli esiti dell’analisi hanno dimostrato l’infondatezza di alcuni modelli formulati dai fisici quantistici per tentare di spiegare la struttura di schiuma spazio-temporale. “Il fatto che per la prima volta dati sperimentali ci dicano qualcosa di significativo sulla schiuma – continua Amelino Camelia - anche semplicemente per escludere ciò che essa non è, rappresenta un passo molto significativo nell’esplorazione di questo scenario”.

Finora i modelli teorici più accreditati hanno ipotizzato che, su scale microscopiche, la schiuma spazio-temporale presenti una struttura geometrica granulare. Tale granularità ha implicazioni importanti per le particelle fondamentali ma non lascia tracce osservabili sul moto di corpi macroscopici, quali ad esempio i pianeti e gli altri corpi celesti. Infatti per il movimento dei corpi massivi è comunque possibile basarsi sull’assunzione di “fluidità” (in gergo tecnico “continuità”) della geometria spazio-temporale che caratterizza la teoria della relatività Einsteiniana.
Da un punto di vista osservativo, la situazione è paragonabile a quella di un secchio all’interno del quale è presente della sabbia. Guardando da lontano si possono apprezzare solo le caratteristiche più macroscopiche di ciò che si osserva, e quindi non si coglie la composizione granulare del contenuto del secchio che appare come un fluido indistinto. Più ci si avvicina al secchio, più i granelli diventano distinguibili.
Ma, se per il secchio di sabbia è facile stimare quali livelli di precisione siano necessari per stabilire la struttura granulare del contenuto, quando si è interessati alla schiuma spazio-temporale la questione è più complessa: la grandezza degli effetti dipende non solo dalla piccolezza dei “granelli di spazio-tempo” ma anche da altre proprietà fisiche della schiuma spaziotemporale. Uscendo dalla metafora, misure di precisione sempre più avanzate sulla propagazione di particelle microscopiche potrebbero svelare manifestazioni della granularità dello spazio-tempo.
È per questo motivo che il percorso verso la scoperta della schiuma spaziotemporale dovrà necessariamente progredire per stadi successivi: la ricerca pubblicata su Nature Physics ha dimostrato che il minimo livello di precisione ipoteticamente richiesto per questi studi è stato raggiunto.  L’esclusione di alcuni modelli teorici e la messa a punto di una potente strategia di analisi dei dati fa ben sperare che in un futuro non lontano si arrivi alla individuazione della corretta descrizione della schiuma spazio-temporale.
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Mercoledì, 01 aprile 2015

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